Eppure
spesso si sottovaluta il potere del gioco nel favorire lo sviluppo del bambino e questo può divenire uno strumento importante per tutti i bambini, arrivando perfino ad essere un mezzo terapeutico nei casi di disagio e di difficoltà.
In questo
il ruolo dei genitori può essere determinante.
Il gioco è il canale espressivo preferenziale del bambino.
Ognuno di noi, da adulto, può utilizzare diverse modalità per esprimere la propria emotività, il proprio vissuto, i propri sentimenti mentre il bambino non possiede le stesse nostre sovrastrutture per poter comunicare con noi.
L'osservazione del gioco dei nostri bambini rappresenta per noi adulti una risorsa fondamentale da cui attingere le risorse necessarie per stare al loro fianco, per poter ascoltare e comprendere i loro stati emotivi.
Il gioco, infatti, rappresenta una categoria di vita, un contesto protetto dove il bambino sperimenta il reale creando delle situazioni che gli permettano di vivere le conseguenze delle proprie azioni, di consapevolizzare la paura, la rabbia, la tristezza o la gioia per qualcosa della propria realtà. L’età di sviluppo del bambino ha un ruolo fondamentale all'interno del gioco stesso poiché le due cose sono in stretta connessione. Infatti, in base all’età di sviluppo durante il gioco possiamo osservare le funzioni motorie, sensoriali, affettive, cognitive e sociali rispetto alle tappe evolutive di riferimento rispetto al bambino con cui stiamo giocando. Un ruolo importante, quindi, ha la motivazione intrinseca, ossia quella motivazione che si muove da dentro e che non dipende dalla possibilità di ricompense esterne o dalla presenza di una persona.
Ogni bambino giocando da libero sfogo alla fantasia; all’interno del proprio gioco si può essere padrone, regista, attore e qualunque cosa si decida può accadere in quello spazio ludico; si ridona così ad ognuno la possibilità di sperimentare un senso di potere che rafforza l’autoefficacia e la propria autostima. Mediante il “far finta” si può raccontare qualcosa di se stessi e delle relazioni con il mondo esterno giuste o sbagliate che siano senza creare un impatto emotivo effettivo rispetto alla propria realtà.
E’ un'integrazione dell’esperienza del piacere, della curiosità e della ricerca di padronanza. L’adulto che in modo responsivo si pone di fronte a quanto proposto dal gioco del bambino rappresenterà la base sicura.
Giocare, quindi, permette a grandi e piccoli di attivare diverse funzioni:
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Funzione psico-biologica: il gioco libero plasma il cervello, migliora la capacità di concentrazione e di apprendimento; è un investimento di energia che permette uno scarico della tensione e tutti quegli aspetti cinestesici rinforzano la consapevolezza corporea e l’autoregolazione.
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Funzione intrapersonale: aiuta il bambino o l’adolescente a formare dentro di sé un posto per i sentimenti, gli eventi vissuti in modo negativo sviluppando una catarsi che permette di metabolizzare l’emozione stessa. La drammatizzazione, infatti, permette di ripetere le scena in modo da raggiungere un’autoregolazione soddisfacente.
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Funzione interpersonale: mediante il gioco libero ci si può sperimentare in un perimetro di sicurezza e protezione per il processo di separazione/individuazione. Attraverso i personaggi delle storie che vengono raccontate si prova in qualche modo a dare una spiegazione a se stessi di una realtà difficile da comprendere.
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Funzione socioculturale: il gioco facilità la trasmissione di valori e ruoli culturali, sperimentandosi nei panni delle persone amate o di quelle temute; anche se oggi lo scenario dei giochi è molto differente e intriso di tecnologia, i trend culturali del momento comunque sono presenti.
Se giocare è importantissimo per tutti i bambini, ecco che il gioco può trasformarsi in uno speciale strumento per dare loro sostegno nei momenti di difficoltà.
Questo è possibile attraverso la
Play Therapy. Ma che cos’è esattamente questo strumento?
La Play Therapy è un insieme di tecniche e metodologie utilizzate con il fine di avviare un processo interpersonale attraverso l’aiuto di un operatore qualificato che utilizzando il potere trasformativo e terapeutico del gioco può aiutare chi ha di fronte a risolvere le difficoltà psicosociali, e raggiungere obiettivi ottimali di crescita e di sviluppo. Non esiste un preciso limite di età, se i partecipanti lo preferiscono si possono creare sempre situazioni ludiche o di mediazione artistica. Anche il genitore può imparare a giocare attraverso la Play Therapy e in seguito giocare in un contesto specifico e con modalità precise con il proprio bambino.
La Play Therapy, pertanto, agisce efficacemente nella riparazione dai traumi, nella cura dei sintomi psicopatologici, nel sostegno della resilienza individuale e familiare, nella prevenzione del disagio e nella promozione della salute e del benessere.
Se volete saperne di più sulla Play Therapy o scoprire i percorsi per l’età evolutiva ed il sostegno alla genitorialità offerti da PsicoRoma scriveteci a info@psicoroma.net. Saremo lieti di rispondere a tutte le vostre domande!
Bibliografia
Baumgartner E. (2002), Il gioco dei bambini, Carroci, Roma
Huizinga J., (2002), Homo ludens, Einaudi, Torino
Lupoi S., Corsello A., Pedi S. (2013) Curare giocando, giocare curando, Franco angeli, Milano