La visione della famiglia, nel corso dei secoli, ha subito moltissimi mutamenti.
In passato, infatti, l’educazione dei figli mirava alla creazione di una sorta di addestramento in cui essi fin da piccoli imparavano a vivere la famiglia attraverso la sottomissione e la deferenza; non era possibile mostrare confidenza con il proprio genitore; vi era, quindi, una forte distanza all’interno del nucleo stesso poiché bisognava mantenere un senso di inferiorità tra i ruoli.
In tal modo,
l’educazione si basava solo su un valore normativa e era poco presente quello affettivo. L’amore di un genitore verso il figlio non poteva essere mostrato attraverso baci e coccole perché questo avrebbe potuto creare dei fraintendimenti rispetto al ruolo del genitore; perciò, tutto l’interesse era riversato nella parte di regole. Il metodo educativo utilizzato prevedeva differenti punizioni che, ad oggi, sono considerate non adeguate.
L’ambiente scolastico, sulla stessa linea dei nuclei familiari descritti, per diverso tempo ha utilizzato come metodo educativo quello comprendente la punizione ritenendolo il miglior modo correttivo dell’individuo.
Nel corso del Novecento
il modello patriarcale è entrato in crisi prima nei ceti più elevati, nella borghesia mercantile fino ad arrivare alle famiglie agricole e questo è stato possibile attraverso il processo di diffusione culturale nei diversi ceti che hanno permesso l’inserimento di forme di comportamento differenti. Questi mutamenti, quindi, hanno influito fortemente anche a livello sociale, economico, politico fino a ridurre l’asimmetria relazionale presente tra genitore-figlio.
Al giorno d’oggi, grazie ai numerosi studi storici, sociologici, psicologici e sul piano educativo, possiamo dire che la comunicazione tra genitori e figli è molto differente.
Il prendersi cura ha assunto un valore fondamentale nella nostra esistenza.
La vita ha un sapore differente: viene accolta, valorizzata, incoraggiata e arricchite dall’ambiente circostante. L’educazione, in questo contesto, si sviluppa attraverso la capacità di prendersi cura dell’altro e si esprime come amore verso la sua crescita e piena autorealizzazione.
Tutto questo ha comportato
una comunicazione differente, basata non più su una ricerca del potere attraverso la disparità di ruoli ma conquistata ogni giorno attraverso la costanza, presenza, accoglienza e ascolto. Il passaggio dall’atteggiamento autoritario a quello autorevole, ancora crea difficoltà spesso nei contesti familiari.
L’essere autoritario ha sempre protetto il ruolo genitoriale perché creava quella modalità di relazione basata sulla paura dell’altro.
L’autorevolezza, invece, si basa sulla solidità della relazione stessa; l’adulto, pertanto, è messo in gioco costantemente e richiede maggiori capacità comunicative. La base di questa nuova comunicazione è il
dialogo costante, strutturato attraverso una volontà di non giudizio ma di accoglienza e integrazione dell’esperienza volta per volta. La punizione, inoltre, diventa un’interruzione della comunicazione educativa perché in tal modo si ritorna al rapporto basato su dominio del passato; questo può comportare due reazioni, sottomissione o ribellione e si creano così sentimenti come il risentimento e la voglia di vendetta.
La relazione educativa, quindi, è una relazione d’aiuto, basata sull’impegno di prendersi cura della crescita, della formazione e dell’istruzione del proprio figlio affinché raggiunga piena autonomia e competenza.
La comunicazione è efficace, in conclusione,
quando facciamo sentire l’altro importante, quando è presente una relazione costante, amorevole e accogliente e quando il nucleo familiare si basa su un sistema di apprendimento cooperativo.